/ Jan 05, 2025
L’intérieur è l’asilo dell’arte. Il collezionista è il vero inquilino dell’intérieur. Egli si assume il compito di trasfigurare le cose. È un lavoro di Sisifo, che consiste nel togliere alle cose, mediante il suo possesso di esse, il loro carattere di merce. Ma egli dà loro solo un valore d’amatore invece del valore d’uso. Il collezionista si trasferisce idealmente, non solo in un mondo remoto nello spazio o nel tempo, ma anche in un mondo migliore, dove gli uomini, sono altrettanto poco provvisti del necessario che in quello di tutti i giorni, ma dove le cose sono libere dalla schiavitù di essere utili.
Walter Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti.
Il collezionismo d’arte risale all’antichità greco-romana e consiste nella consuetudine, da parte di persone indicate come collezionisti o mecenati, di conservare opere d’arte o oggetti con un valore storico-culturale-estetico. Il collezionismo è un fenomeno collegato al mercato dell’arte e del mecenatismo, intesi come attività di sostegno e patrocinio di attività artistiche e culturali.
Le più ricche e prestigiose collezioni costituiscono il nucleo originario di importanti musei, nate da un mecenatismo disinteressato, svincolato dalle dinamiche del mercato e promosso da ricchi borghesi, finanzieri, donne dell’alta società, il cui intento era di amplificare mediante la propria collezione, l’immagine di sé stessi come promotori di un mondo nuovo, che si manifesta attraverso le loro scelte estetiche.
Pensiamo, come già sottolineato da Francesco Poli [1], ai grandi magnati americani come Andrew Mellon, che con la donazione della sua collezione ha contribuito alla creazione della National Gallery di Washington, o alla famiglia Rockefeller, non solo fondatori del Museum of Modern Art di NY, ma anche finanziatori dei Cloister al Metropolitan Museum, o ad Albert Barnea, che nel 1925 conferisce tutta la sua collezione fondazione omonima di Merion con lo scopo di “promuovere l’educazione e l’apprezzamento delle belle arti”[…][2].
Come non ricordare Peggy Guggenheim, figlia del mecenate/ industriale Solomon Guggenheim, Anticonformista, eccentrica e sofisticata, è stata una delle collezioniste più geniali del Novecento. Amica di Marcel Duchamp, che sceglie come guida e mentore per creare la sua collezione.
Sostenne il Surrealismo, promotrice dell’Action Painting Americano, fu amica e sostenitrice di Jackson Pollock, Ad Reinhardt, Robert Motherwell, Mark Rothko. Straordinariamente ricca, straordinariamente bella, crea relazioni simbiotiche con gli artisti, diventando spesso Musa Ispiratrice, come scrive Aline B. Saarinen:
“Peggy era alta e sottile, con un volto piuttosto quadrato, occhi straordinariamente azzurri, naso a patatina e sorriso malizioso. Aveva bellissime gambe e le lunghe braccia che sovente intrecciava in un goffo gesto da scolaretta, le davano un aspetto indifeso, non del tutto menzognero. Malgrado l’eleganza sofisticata dei vestiti di lamè oro e dei lunghi bocchini ciondolanti, malgrado le pose bohémienne, era straordinariamente ingenua e totalmente priva di malizia. Avida di affetto e ammirazione, si buttava con foga e fiducioso candore in situazioni destinate a lasciarla ferita e ancora più sola. […] nutriva un reverente rispetto per la gente “che crea” e c’è da sospettare che spesso diventasse l’amante di un artista nella speranza di diventarne la musa”[3].
Esistono ancora Collezionisti di questo genere ?
L’attitudine comune, caratterizzante le modalità operative dei grandi collezionisti della vecchia generazione, è il prevalere di motivazioni culturali, direttamente connesse alla sincera valutazione da parte del collezionista dell’importanza dell’artista nel contesto della storia dell’arte, quindi la speculazione economica è una conseguenza, non il fine della collezione.
Eclatante il caso della Baronessa Lucrezia De Domizio Durini, al suo sodalizio con l’artista Joseph Beuys, di cui diventa portavoce, promotrice culturale, prosecutrice dei progetti estetici, anche anche dopo la morte di Beuys. L’ aspetto culturale ed etico è l’elemento fondante la sua collezione, il mercato, cioè il riconoscimento economico da parte del contesto, per la Durini è del tutto irrilevante. Polemicamente Lucrezia De Domizio Durini ama definirsi Collezionista di Rapporti Umani, spostando l’attenzione sul fatto che l’opera è tale, in quanto contenitore di idee, che tutelano i rapporti umani, intesi come reti di connessioni a tutela del pianeta, intesi come coscienza collettiva a tutela dei Diritti Umani fondamentali.
La conservazione dell’opera è funzionale ad una crescita della coscienza collettiva: la Collezione Durini è in antitesi all’idea che il valore dell’opera derivi da un meccanismo di mercato studiato a tavolino (mostra\testo critico\passaggio in asta): l’opera d’arte non è e non può essere un feticcio della borghesia, atto a creare valore economico a breve termine, ma l’opera d’arte è un contenitore sapiente di idee, che tutela e trasmette attraverso forme, colori, collegamenti, un futuro sostenibile di libertà e solidarietà.
Il ruolo di questo genere di Collezionisti, che definisco filantropi, è strettamente connesso alla formazione di un pensiero e di un’estetica del contemporaneo, che si attua attraverso le attività museali connesse, cioè di memoria e conservazione del pensiero attraverso l’opera d’arte.
Negli ultimi vent’anni, il collezionismo ha subito una sostanziale modificazione. La connessione sempre più stretta tra il sistema dell’arte e le speculazioni finanziare ed economiche, ha portato ad una crescita a dismisura del territorio dell’arte (pensiamo al fenomeno ad esempio degli NTF), ad una complicazione nella determinazione di un valore reale conferito all’opera d’arte, poiché il mercato si è voluto sostituire ad un pensiero critico, in realtà determinante per il conferimento di valore storico culturale all’opera.
Alcuni Collezionisti, dotati di immense risorse economiche, sono in grado di “acquistare” porzioni di consenso sia relativamente alle esposizioni museali di determinati artisti, che relativamente alla presenza in pubblicazioni di settore, nonché pilotare vendite in asta dei propri artisti, dei quali in precedenza hanno acquistato l’intera produzione, creando così un valore di mercato, che si propone di porsi al di sopra del valore culturale condiviso di un’opera d’arte. Come scrive correttamente Francesco Poli, “…si è affermata la figura del collezionista internazionale che, con i suoi interventi nelle strutture di mercato e in quelle culturali, è in grado di condizionare a tutti i livelli i processi di valorizzazione delle opere degli artisti; [4]”.
Questo tipo di Collezionismo, che io definisco militante, lavora congiuntamente con la critica d’arte, determinando le tendenze estetiche e di mercato, che diventano inesorabilmente una cosa sola. Il risultato di questo connubio è che spesso le collezioni d’arte contemporanea, sono private del valore culturale e storico, sostituiti dal solo valore di mercato che ne impone uno pseudo significato storico, che nel breve termine sembra rilevante, ma con la storicizzazione dei fenomeni culturali, è destinato a svanire. In questo caso, l’opera d’arte, creata a tavolino come speculazione finanziaria, vedrà le proprie quotazioni, scendere inesorabilmente.
Infatti bisogna notare che, accanto ad una Critica d’Arte serva dei meccanismi di mercato e priva di qualsiasi competenza, esiste una Critica d’Arte che preserva l’indipendenza intellettuale e di conseguenza è in grado sia di guidare un collezionista nell’ardua impresa di costruire una Collezione che non sia un semplice inventario d’oggetti privi di valore. Accanto a questi Collezionisti Militanti, esiste un Collezionismo Sofisticato, in grado di riconoscere nell’opera una serie di significati intrinseci e di conseguire la creazione di un reale patrimonio culturale ed economico.
Condivido appieno quanto sostenuto da Jean Baudrillard: “la collezione vera si innalza verso la cultura: essa guarda agli oggetti differenziati che spesso hanno valore di scambio, che sono anche oggetti commerciali, facenti parte dei rituali sociali, e da esibire; forse sono anche fonti di profitto. [5] Quest’ultima affermazione è certo la più interessante, in quanto sposta il problema economico in second’ordine rispetto alla questione culturale, che deve essere predominante nella creazione di una collezione d’arte.
Il collezionista d’arte contemporanea sofisticato, il filantropo, è consapevole che ciò acquista, non è un bitcoin da scambiare entro breve termine per trarne un profitto, ma le Opere d’Arte che conserva, possiedono una profonda importanza socioculturale, contenitori di motivazioni e significati, che comunicano la realtà del proprio tempo.
Scrive su questo argomento, Cristina De Benedictis, “illustrare la storia del collezionismo equivale […] a mettere in luce un percorso privilegiato della cultura di un’epoca e di un paese, documentandone lo svolgimento del gusto, lo spirito del tempo.[…] Il collezionismo si può infatti paragonare a un gigantesco anello di collegamento e di trasmissione; sensibile e ricettivo alle motivazioni culturali ed estetiche e capace di influenzare e di condizionare col peso e l’autorità delle sue scelte e col gusto dei suoi esponenti, la civiltà del tempo”[6]
Impiantare una collezione è sostanzialmente un’operazione comunicativa[7], una lettura ed interpretazione dello stile di un momento storico. Come osserva Giorgio Cesarano: “E’ il caso più interessante dal punto di vista dell’autoinganno e del camuffamento delle motivazioni primarie. Il collezionista d’arte contemporanea si sente autorizzato ad immaginare alcunché di messianico nel suo operato: sa o crede di sapere che la ragione storica, contro il buon senso volgare, è dalla sua; sa o crede di sapere che il suo è un servizio culturale[8].
Ma chi è il collezionista d’arte contemporanea? Perché si circonda di oggetti d’arte che deve accudire e conservare con grande diligenza? Se per il Collezionista Sofisticato-Filantropo l’obiettivo non è lo scambio economico a breve termine, quali sono le molle che lo spingono a creare una collezione? Le interpretazioni sono molteplici, e richiedono uno studio ampio; in questo contesto mi sento di condividere l’osservazione di Luisa leone, quando scrive “Ciò che spinge l’amatore d’arte a entrare in possesso di particolari oggetti è soprattutto un interesse intellettuale, una ricerca dettata da un interesse culturale verso determinati oggetti, per la loro rarità, particolarità o qualsiasi altra qualità.” [9]
Un Collezionista d’Arte si distingue da un accumulatore seriale d’oggetti, per la sostanziale complessità culturale della selezione, che spesso confluisce alla creazione di progetti museali, sociali, pubblici, come Istituzione di Fondazioni e Musei. Identificate e censire le Collezioni ed i Collezionisti “che contano nel mondo dell’arte contemporanea”, data la complessità dell’argomento è un’azione straordinariamente complessa. [10]
Il mio intento in questa rubrica di Crudelia è di dare voce e spazio ai Collezionisti d’Arte Contemporanea, sfidandoli ad uscire dall’idea di Collezionare per colmare i proprio bisogno personale di possedere uno spazio esterno alle convenzioni sociali, nel quale esprimere sé stesso, per entrare nel territorio del confronto e della Collezione come servizio alla Storia dell’Arte.
Marta Massaioli, Collezionare Arte, Istruzioni per l’uso, Osservazioni Preliminari, Fossatella, Pergola, 22 Novembre 2024.
[1] F. Poli, Il sistema dell’arte contemporanea, Editori Laterza, Bari 2009, p. 100-101.
[2] Ibidem.
[3] Aline B. Saarinen, I grandi collezionisti americani. Dagli inizi a Peggy Guggenheim, Giulio Einaudi editore,Torino 1977, pag. 280.
[4] F. Poli, Il sistema dell’arte contemporanea, Editori Laterza, Bari 2009, p. 102.
[5] Baudrillard, Le système des objects, Gallimard, Paris 1968 (trad. it. Il sistema degli oggetti, Bompiani, Milano 1972) p.146.
[6] Cristina De Benedictis, Per la storia del collezionismo italiano, Ponte delle Grazie, Milano, 2005, pp. 12.
[7] F. Antinucci, Comunicare nel museo, Laterza 2004.
[8] G. Cesarano, Il significato del collezionismo nella civiltà dei consumi, in “Sipra uno”, n. 4, luglio-agosto 1976, pp.59-60.
[9] Luisa Leonini,L’identità smarrita. Il ruolo degli oggetti nella vita quotidiana, Il Mulino, Bologna 1988, pag. 128.
[10] A tal proposito si rimanda al testo di Piroschka Dossi Art-mania. Come l’arte contemporanea sta conquistando il mondo (e perché), (Silvana editoriale, Milano 2009).
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